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FATIMA – Il Sole danza sulla Cova da Iria

Mag 13, 2017   //   by mauro   //   Riflessioni  //  No Comments

In occasione del centenario della prima apparizione della Madonna di Fatima – che Papa Francesco ha celebrato il 12 e 13 maggio canonizzando i due veggenti Francisco e Jacinta morti giovanissimi – pubblichiamo una storia degli avvenimenti e delle considerazioni che ne sono nate, scritte da Andrea Tornelli, vaticanista de La Stampa e nostro “condiocesano” (è nato e vissuto per tanti anni a Chioggia)

FATIMA, MISTERO E PROFEZIA DEL NOVECENTO

Il 12 e 13 maggio il Papa si è recato nel santuario portoghese per celebrare il centenario delle apparizioni e canonizzare due dei veggenti. Ecco la storia del segreto custodito per mezzo secolo in Vaticano.

Tutto ha inizio nei primi decenni del Novecento, ad Aljustrel, una piccola frazione di Fatima, un paese che porta un nome musulmano, quello della figlia di Maometto e sorge a 120 chilometri da Lisbona, capitale del Portogallo. Sono tempi difficili per la nazione: nel 1908 erano stati uccisi il re Carlo e l’erede al trono Filippo. Il secondogenito, principe Manuel, era stato cacciato da un colpo di stato militare che vide conquistare il potere da parte dei repubblicani. Ha così inizio una serie infinita di rivoluzioni e controrivoluzioni. I nuovi governanti professano un laicismo ateo mentre la gran massa della popolazione, in buona parte contadina, rimane radicata nella fede cattolica.

Nella povera casa di Antonio e Maria Rosa dos Santos, genitori di sei figli, e in quella di Manuel Pedro e Olimpia Marto, genitori di nove figli, la recita serale del rosario è un’abitudine consolidata. Dall’età di sette anni i bambini conducono il gregge al pascolo, quando diventano più grandi toccherà anche a loro il duro lavoro nei campi. È in questo ambiente semplice e poverissimo che sta per accadere qualcosa di inimmaginabile.

Al tempo delle apparizioni della Madonna, avvenute nel 1917, cento anni fa, Lucia dos Santos, Francesco e Giacinta Marto avevano rispettivamente 10, 9 e 7 anni, essendo nati la prima il 22 marzo 1907, il secondo l’11 giugno 1908 e la terza l’11 marzo 1910. I tre sono bambini normali, vivaci. Lucia è «una bravissima animatrice di giochi» e sa intrattenere i più piccoli, Francesco ama giocare a briscola e Giacinta – che ha un carattere un po’ permaloso – è appassionata del gioco dei bottoni. Mentre conducono al pascolo il gregge, i pastorelli dicono il rosario. Le apparizioni avvengono in una piccola proprietà dei genitori di Lucia, chiamata Cova de Iria, a due chilometri e mezzo da Fatima sulla strada verso Leiria, dove i tre bambini portano a pascolare le pecore. La Madonna appare su un elce alto poco più di un metro. Francesco vedrà soltanto la Madonna senza sentirla. Giacinta vedrà e sentirà. Lucia, oltre a vedere e sentire, potrà anche parlare con lei.

13 MAGGIO 1917. LA PRIMA APPARIZIONE
Verso mezzogiorno del 13 maggio 1917 i tre pastorelli stanno giocando alla Cova de Iria quando notano due lampi, dopo i quali vedono una figura appoggiata sui rami dell’elce. È «una signora tutta vestita di bianco più splendente del sole, che diffondeva una luce più chiara e intensa di un bicchiere di cristallo pieno di acqua pura attraversato dai raggi del sole più ardente», scriverà Lucia. Il suo volto indescrivibilmente bello, non appare «né triste né allegro, ma serio», con un tono di dolce rimprovero. Le mani giunte, come per pregare, appoggiate sul petto e volte verso l’alto. Dalla mano destra pende un rosario. Le vesti sembrano fatte soltanto di luce. La tunica è bianca, e bianco il mantello orlato d’oro, che copre il capo della Vergine e le scende ai piedi. I veggenti si trovano a un metro e mezzo di distanza dall’apparizione.
Il colloquio si svolge in questo modo, secondo il racconto di suor Lucia:

MARIA: «Non abbiate paura, non vi faccio del male».
LUCIA: «Di dove siete?»
MARIA: «Sono del cielo» (e alza la mano per indicare il cielo).
LUCIA: «E che cosa volete da me?».
MARIA: «Sono venuta a chiedervi di venire qui per sei mesi di seguito, il giorno 13, a questa stessa ora. Poi vi dirò chi sono e che cosa voglio. E ritornerò ancora qui una settima volta».
LUCIA: «E anch’io vado in cielo?»
MARIA: «Si, ci vai».
LUCIA: «E Giacinta?»
MARIA: «Anche lei».
LUCIA: «E Francesco?»
MARIA: «Anche lui ma deve recitare molti rosari».
A questo punto Lucia chiede alla Vergine notizie di due ragazze che avevano frequentato la sua casa, morte da poco.
LUCIA: «Maria das Neves è già in cielo?»
MARIA: «Sì, c’è già».
LUCIA: «E Amelia?»
MARIA: «Resterà in Purgatorio fino alla fine del mondo. Volete offrirvi a Dio, per sopportare tutte le sofferenze che vorrà inviarvi, come atto di riparazione per i peccati con cui è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori?»
LUCIA: «Sì vogliamo».
MARIA: «Andate, dunque, avrete molto da soffrire ma la grazia di Dio sarà il vostro conforto».

«Pronunciando queste ultime parole – continua suor Lucia nelle sue memorie – aprì per la prima volta le mani, comunicandoci una luce molto intensa, quasi un riflesso che usciva da esse che ci penetrava nel petto e nel più intimo dell’anima, e faceva vedere noi a noi stessi in Dio, che era questa luce, più chiaramente che se ci vedessimo nel migliore degli specchi. Allora, per un impulso interiore anch’esso comunicatoci, cademmo in ginocchio e ripetemmo interiormente: “O Santissima Trinità, vi adoro mio Dio, mio Dio, vi amo nel Santissimo Sacramento». Passati i primi momenti, la Madonna aggiunse: «Recitate il rosario tutti i giorni per ottenere la pace per il mondo e la fine della guerra». Poi – aggiunge la veggente di Fatima – «cominciò a elevarsi serenamente, salendo verso oriente, fino a scomparire nell’immensità dell’orizzonte. La luce che la circondava sembrava aprire una via in mezzo agli astri».

13 GIUGNO 1917, SECONDA APPARIZIONE
Quel giorno accorrono sul luogo una cinquantina di persone. Alcuni di loro notano che la luce del sole si oscura durante i minuti che seguono l’inizio del colloquio. Altri riferiscono che la cima dell’elce, coperta di germogli era sembrata curvarsi come sotto un peso, un momento prima che Lucia inizi a parlare. Durante il colloquio della Madonna con i veggenti, alcuni sentono provenire dall’albero un sussurro simile al ronzio di un’ape.

LUCIA: «Che cosa volete da me?»
MARIA: «Voglio che veniate qui il 13 del mese prossimo, che diciate il rosario tutti i giorni, che impariate a leggere. Poi vi dirò che cosa voglio».
Lucia allora chiede la guarigione di una persona malata.
MARIA: «Se si converte, guarirà entro l’anno».
LUCIA: «Vorrei chiederle di portarci in cielo».
MARIA: «Sì, Giacinta e Francesco li porto tra poco. Ma tu resti qui ancora qualche tempo. Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Vuole stabilire nel mondo la devozione al mio cuore immacolato. A chi la abbraccia, prometto la salvezza, e queste anime saranno amate da Dio come fiori posti da me ad adornare il suo trono».
LUCIA: «Rimango qui sola?»
MARIA: «No, figlia. Soffri molto? Non scoraggiarti. Non ti lascerò mai. Il mio cuore immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà a Dio».

«Nel momento in cui disse queste ultime parole – racconta suor Lucia – aprì le mani e ci comunicò per la seconda volta il riflesso di quella immensa luce. In essa eravamo come sommersi in Dio. Giacinta e Francesco sembravano essere nella parte di questa luce che si elevava verso il cielo e io in quella che si diffondeva sulla terra. Di fronte alla palma della mano destra della Madonna stava un cuore circondato da spine che parevano conficcate in esso. Comprendemmo che era il cuore immacolato di Maria oltraggiato dai peccati dell’umanità, che voleva riparazione».

13 LUGLIO 1917, TERZA APPARIZIONE
Nel corso della terza apparizione, una piccola nuvola sembra librarsi sopra il piccolo albero scelto dall’apparizione come piedistallo. Tra i presenti c’è anche Manuel Pedro Marto, padre di Giacinta e Francesco, che lo racconta. Come al solito, prima di vedere la bella Signora, i tre pastorelli scorgono un lampo di luce.

LUCIA: «Che cosa volete da me?»
MARIA: «Voglio che veniate qui il 13 del mese prossimo, che continuiate a recitare tutti i giorni il rosario in onore della Madonna del rosario per ottenere la pace del mondo e la fine della guerra, perché soltanto lei ve la potrà meritare».
LUCIA: «Vorrei chiedervi di dirci chi siete, e di fare un miracolo per cui tutti credano che voi ci apparite».
MARIA: «Continuate a venire qui tutti i mesi. In ottobre dirò chi sono che cosa voglio, e farò il miracolo che tutti vedranno per poter credere».

Lucia dos Santos presenta allora all’apparizione una serie di richieste di conversioni, guarigioni e altre grazie. La Madonna risponde raccomandando sempre la pratica del rosario, con cui otterranno le grazie richieste entro l’anno.

Quindi la visione aggiunge: «Sacrificatevi per i peccatori, e dite molte volte, in modo speciale quando fate qualche sacrificio: o Gesù, è per amor vostro, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il cuore immacolato di Maria».

La visione dell’inferno (prima parte del segreto di Fatima)
«Dicendo queste ultime parole – scriverà in seguito suor Lucia – la Madonna aprì di nuovo le mani come nei due mesi passati. Il riflesso parve penetrare la terra e vedemmo come un grande mare di fuoco e immersi in questo fuoco i demoni e le anime come se fossero braci trasparenti e nere o abbronzate di forma umana, che ondeggiavano nell’incendio sollevate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo cadendo da tutte le parti – simili al cadere delle scintille nei grandi incendi – senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e di disperazione che terrorizzavano e facevano tremare di paura. I demoni si distinguevano per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni di brace». La visione dura soltanto un istante, durante il quale Lucia emette un lamento, soltanto un «ah!». E nei suoi scritti noterà che se non fosse stato per la promessa della Madonna di portarli in cielo, i veggenti sarebbero morti per l’emozione e la paura.

I nuovi castighi, la seconda guerra mondiale, la consacrazione della Russia (seconda parte del segreto di Fatima)
Spaventati, e come per chiedere soccorso, i pastorelli alzano gli occhi verso la Madonna.

MARIA: «Avete visto l’inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarli, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio cuore immacolato. Se farete quello che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio, nel regno di Pio XI ne comincerà un’altra peggiore. Quando, vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segnale che Dio vi dà del fatto che si appresta a punire il mondo per i suoi delitti, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedire tutto questo, sono venuta a chiedere la consacrazione della Russia al mio cuore immacolato e la comunione riparatrice nei primi sabati. Se ascolterete le mie richieste, la Russia si convertirà e avrete pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto, diverse nazioni saranno annientate; infine il mio cuore immacolato trionferà. Il Santo Padre mi consacrerà la Russia che si convertirà, e sarà concesso al mondo qualche tempo di pace. In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede…».

La visione del martirio dei cristiani e dell’uccisione del Papa (terza parte del segreto di Fatima)
A questo punto l’apparizione fa vedere ai bambini la scena cruciale del segreto, quella del Papa che viene ucciso. «Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l’Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza! E vedemmo in una luce immensa che è Dio: “qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti”… un Vescovo vestito di bianco – scrive suor Lucia – abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia: il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce…».

MARIA: «Questo non ditelo a nessuno. A Francesco sì potete dirlo».
Dopo qualche istante aggiunge: «Quando recitate il rosario, dopo ogni mistero dite: “O Gesù mio perdonateci, liberateci dal fuoco dell’inferno, portate in cielo tutte le anime, soprattutto quelle più bisognoseˮ».
LUCIA: «Non volete più nulla da me?»
MARIA: «No, per oggi non voglio più nulla». E come al solito – scrive Lucia nelle sue memorie – cominciò a elevarsi verso oriente, fino a scomparire nell’immensa distanza del firmamento.

19 AGOSTO 1917, QUARTA APPARIZIONE
Il giorno 13 agosto i veggenti non possono essere presenti alla Cova de Iria, perché vengono prelevati contro la loro volontà, con uno stratagemma, dall’amministratore di Ourèm, che cerca di strappare loro il segreto. I bambini rimangono irremovibili, nonostante l’amministratore decida di far trascorrere loro una notte in carcere. Alla solita ora dell’apparizione, alla Cova de Iria, si ode un tuono, al quale segue un lampo, e le centinaia di persone accorse notano una piccola nuvola bianca librarsi qualche minuto sull’elce.

Sei giorni dopo, il 19 agosto, Lucia è con Francesco e un altro cugino, Joao, in una località detta Valinhos, una proprietà di uno dei suoi zii, quando, alle quattro del pomeriggio, cominciano a prodursi le variazioni atmosferiche che precedono le apparizioni della Madonna alla Cova de Iria: un improvviso abbassamento della temperatura e un oscurarsi del sole. Lucia sentendo che qualcosa sta accadendo, manda a chiamare in fretta Giacinta, che giunge in tempo per vedere la Madonna.

LUCIA: «Che cosa volete da me?»
MARIA: «Voglio che continuiate ad andare alla Cova de Iria il 13 e che continuiate a recitare il rosario tutti i giorni. L’ultimo mese farò il miracolo perché tutti credano».
LUCIA: «Che cosa volete che si faccia con il denaro che il popolo lascia alla Cova de Iria?»
MARIA: «Fate due bussole (tipo di portantine usate in quel periodo in Portogallo nelle processioni per raccogliere le offerte, ndr): una portala tu con Giacinta e altre due bambine vestite di bianco, e l’altra la porti Francesco con altri tre bambini. Il denaro delle bussole è per la festa della Madonna del Rosario, e quello che avanza serve per una cappella che mi faranno fare».
LUCIA: «Vorrei chiedervi la guarigione di alcuni malati».
MARIA: «Sì, alcuni li guarirò entro l’anno».
E assumendo un aspetto più triste, aggiunge: «Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all’inferno perché non vi è chi si sacrifichi e preghi per loro».

Alla fine dell’apparizione, i veggenti tagliano i rami della pianta su cui si è appena posata la Madonna, e li portano a casa. I rami diffondevano profumo.

13 SETTEMBRE 1917, QUINTA APPARIZIONE
Questa volta il numero dei presenti oscilla tra le 15 e le 20 mila persone, che possono osservare i soliti fenomeni atmosferici che precedono l’apparizione come l’improvviso abbassamento della temperatura e l’impallidire del sole. In particolare, questa volta, viene notato un globo luminoso che si muove lentamente in cielo da oriente verso occidente, e verso la fine dell’apparizione, in senso contrario.

MARIA: «Continuate a recitare il rosario per ottenere la fine della guerra. In ottobre verranno anche nostro Signore, la Madonna addolorata e quella del Carmelo, san Giuseppe con Gesù Bambino, per benedire il mondo. Dio è contento dei vostri sacrifici, ma non vuole che dormiate con la corda, portatela soltanto di giorno».

L’apparizione fa qui riferimento a una specie di cilicio che i tre pastorelli si erano costruiti tagliando un pezzo di ruvida corda trovato sui campi. Si erano accorti che la corda stretta attorno alla vita provocava dolore e avevano cominciato a portarla di giorno e di notte offrendo quella sofferenza per le anime dei peccatori.

LUCIA: «Mi hanno chiesto di chiedervi molte cose: guarigione di malati, di un sordomuto».
MARIA: «Sì, ne guarirò alcuni, altri no. In ottobre farò un miracolo perché tutti credano».

13 OTTOBRE 1917, SESTA E ULTIMA APPARIZIONE
All’ultimo appuntamento con la Madonna alla Cova de Iria accorrono ben settantamila persone da tutto il Portogallo. Molti sono fedeli devoti di Maria, molti altri increduli, altri ancora sono lì per smascherare il presunto inganno. Ci sono anche dei giornalisti scettici, inviati dai rispettivi quotidiani. Quel giorno piove a dirotto e la folla è costretta ad avanzare in mezzo all’acqua e al fango. Come le altre volte, i veggenti notano il riflesso di una luce e poi la Madonna sull’elce. Poco prima Lucia aveva chiesto che venissero chiusi gli ombrelli.

LUCIA: «Che cosa volete da me?»
MARIA: «Voglio dirti di fare in questo luogo una cappella in mio onore, che io sono la Regina del Rosario, di continuare sempre a recitare il rosario tutti i giorni. La guerra terminerà e i militari ritorneranno presto alle loro case».
LUCIA: «Io avevo molte cose da chiedervi. Se guarite alcuni malati e se convertite alcuni peccatori…».
MARIA: «Alcuni sì, altri no; bisogna che si pentano, che chiedano perdono dei loro peccati». E assumendo un aspetto più triste: «che non offendano più Dio nostro Signore che è già molto offeso».

«Quindi, aprendo le mani – racconta suor Lucia – la Madonna le fece riflettere sul sole, e mentre si elevava, il riflesso della sua luce continuava a proiettarsi sul sole». La veggente a quel punto, esclama: «Guardate il sole!». La pioggia era caduta per tutto il tempo dell’apparizione ma nel momento in cui Lucia invita a guardare in alto le nuvole si aprono, lasciando vedere il sole come un immenso disco d’argento, che brilla con un’intensità mai vista, ma non acceca coloro che lo guardano. L’immensa palla di fuoco comincia a roteare, quasi a ballare girando velocemente davanti agli sguardi attoniti dei presenti. Quindi i suoi bordi diventano scarlatti e l’astro sembra allontanarsi, come un turbine, spargendo rosse fiamme di fuoco. Questa luce si riflette sul suolo, sulle piante, sugli arbusti, sui volti stessi delle persone e sulle vesti, assumendo tonalità scintillanti e colori diversi. Animato per tre volte da un movimento folle, il globo di fuoco sembra precipitare zigzagando sulla folla terrorizzata. Il tutto dura circa dieci minuti, come riferiranno i numerosissimi testimoni e come raccontano le cronache dell’epoca. Finalmente il sole torna al punto da cui era precipitato e riprende lo stesso fulgore di tutti i giorni. Il ciclo delle apparizioni è terminato con il miracolo promesso dalla Madonna. Molte persone notano che le loro vesti, che erano inzuppate dalla pioggia, si sono improvvisamente asciugate. Il miracolo del sole viene osservato anche da numerosi testimoni distanti dal luogo delle apparizioni.

IL TERZO SEGRETO DI FATIMA: DATI CERTI, DUBBI E RETROSCENA

La storia delle apparizioni mariane di Fatima è inscindibilmente legata a quel «segreto» diviso in tre parti e rivelato dalla Madonna ai tre pastorelli nel 1917. Un testo profetico la cui rivelazione era attesa nel 1960, ma che è stato reso noto soltanto quarant’anni dopo, durante il Giubileo del 2000, da san Giovanni Paolo II, il Pontefice che ha creduto di riconoscersi nel «vescovo vestito di bianco» martirizzato insieme ai cristiani. È una storia fatta di documenti e di date certe, ma anche costellata di tante illazioni, testi apocrifi, presunte profezie apocalittiche. La più recente e documentata ricostruzione si può leggere nel libro di Saverio Gaeta «Fatima, tutta la verità. La storia, i segreti, la consacrazione» (Edizioni San Paolo), un volume che ha il pregio di aver incluso le ultime novità emerse grazie alla pubblicazione di scritti di suor Lucia dos Santos mai rivelati prima.

La visione profetica venne affidata ai tre pastorelli il 13 luglio 1917. Passano molti anni prima che le tre distinte parti del segreto vengano fissate su carta. Le prime due vengono scritte da Lucia nella cosiddetta Terza memoria, vergata fra il 26 luglio e il 31 agosto 1941, e successivamente nella Quarta memoria, compilata fra il 7 ottobre e l’8 dicembre dello stesso anno. Questi due testi sono subito consegnati al vescovo di Leiria (sotto la cui giurisdizione ricade Fatima), monsignor José Alves Correia da Silva. Come abbiamo avuto modo di vedere, le prime due parti si riferiscono alla visione dell’inferno e all’arrivo di una nuova grande guerra mondiale. Vengono scritte quando questa è già cominciata e rese note per la prima volta da padre Luis Gonzaga da Fonseca, nella quarta edizione del suo libro «Le meraviglie di Fatima» pubblicata nell’aprile 1942. Questo primo testo pubblicato contiene dei ritocchi rispetto all’originale di Lucia, ad esempio la parola «Russia» viene sostituita con la parola «mondo», per motivi legati alla situazione politica e alla guerra in corso.

Vista la salute cagionevole di suor Lucia – che sarà invece destinata a vivere una vita lunghissima – il vescovo teme che possa morire senza aver comunicato la terza parte del Segreto. Così Correia da Silva prima di persona e poi per iscritto, alla fine dell’estate 1943, le ordina di fissare su carta anche l’ultima parte della profezia. La veggente ci prova, ma per cinque volte non ci riesce. La svolta arriva nei primi giorni di gennaio 1944. Lucia avverte la presenza di Maria. E racconta che cosa accade in una lettera di accompagnamento per il vescovo, consegnata insieme al Segreto. Questa lettera e le parole che stiamo per citare sono rimaste sconosciute fino a poco tempo fa. «L’indicazione della Vergine fu precisa: “Non temere, poiché Dio ha voluto provare la tua obbedienza, fede e umiltà; stai serena e scrivi quello che ti ordinano, tuttavia non quello che ti è dato intendere del suo significato. Dopo averlo scritto, mettilo in una busta, chiudila e sigillala e fuori scrivi “che può essere aperta nel 1960 dal cardinale patriarca di Lisbona o dal vescovo di Leiria”».

È interessante fermare l’attenzione sulle parole della Madonna che Lucia riferisce: «Non quello che ti è dato intendere del suo significato». La voce di Maria chiede dunque alla veggente di non scrivere nulla sul significato della visione, sull’interpretazione di quella scena cruenta del Papa che viene ammazzato. Ma da queste affermazioni, redatte da Lucia nel 1944, non si comprende bene se ci si riferisca a un’interpretazione offerta con parole precise dall’apparizione stessa nel 1917 (com’era avvenuto per la prima parte del Segreto), o se con quel «che ti è dato intendere» ci si riferisca un’interpretazione della veggente, seppure ispirata.

La busta viene chiusa con un po’ di ceralacca e consegnata al vescovo di Leiria, il quale comunica la notizia al patriarca di Lisbona, Manuel Gonçalves Cerejeira, e alla Santa Sede, ricevendo dal Vaticano l’indicazione di custodire il plico. Il vescovo, pur potendolo fare, non aprirà mai la busta per conoscerne il contenuto. Il 7 settembre 1946, intervenendo al Congresso mariano di Campinas in Brasile, il cardinale Cerejeira comunica pubblicamente che la busta con il Segreto «sarà aperta nel 1960».

Un anno e mezzo dopo aver ricevuto il testo della profezia chiuso nella busta inviata dalla veggente, monsignor Correia da Silva la infila dentro una propria busta che a sua volta sigilla con la ceralacca, scrivendo: «Questa busta con il suo contenuto sarà consegnata a sua eminenza il signor cardinale don Manuel, patriarca di Lisbona, dopo la mia morte. Leiria, 8 dicembre 1945. José, vescovo di Leiria». Il plico sarà fotografato e l’immagine pubblicata sul settimanale statunitense «Life» del 3 gennaio 1949.

Nel 1956, quando il vescovo è ormai molto anziano, malato e quasi cieco, e si avvicina la data indicata per la rivelazione, dal Vaticano arriva l’ordine di inviare a Roma fotocopia di tutti i manoscritti di suor Lucia e la busta originale con il testo del Terzo Segreto. A metà marzo del 1957 il vescovo ausiliare di Leiria, João Pereira Venâncio consegna il documento al nunzio apostolico in Portogallo, l’arcivescovo Fernando Cento. Il plico arriva Oltretevere il 16 aprile 1957.

Secondo diverse testimonianze, tra cui quella del cardinale Alfredo Ottaviani, Pio XII decide di aprirlo e lo ripone all’interno di una cassetta di legno con l’iscrizione “Secretum Sancti Officii” (Segreto del Sant’Offizio). Anche di questa cassetta esiste una foto eloquente, scattata dal fotografo Robert Serrou il 4 maggio 1957 e pubblicata la prima volta sul magazine francese Paris Match il 18 ottobre 1958, dopo la morte di Papa Pacelli. Era stata suor Pascalina Lehnert, governante e segretaria di Pio XII, a fare al fotografo la confidenza: «Là dentro c’è il terzo Segreto di Fatima».

Bisogna ricordare che dal momento dell’arrivo a Roma in poi disponiamo dei dati su dove il plico è stato conservato e su quando i Papi l’hanno consultato, grazie alla pubblicazione vaticana del giugno 2000, nella quale, oltre al testo del Segreto e alla sua interpretazione teologica a firma dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, viene descritta anche la storia della sua custodia in Vaticano attraverso uno scritto dell’arcivescovo Tarcisio Bertone, all’epoca segretario della Congregazione per la dottrina della fede e numero due di Ratzinger. Da questo punto in poi, i dati documentali spesso divergono dalle testimonianze ugualmente attendibili di alcuni autorevoli testimoni e ci sono indizi che lasciano pensare all’esistenza di due copie dello stesso testo – o secondo alcuni di due testi diversi – conservati in due luoghi diversi: l’archivio dell’ex Sant’Uffizio e l’appartamento papale. Una distinzione che non può essere fatta per il tempo di Pio XII: all’epoca infatti, e fino alla riforma della Curia voluta da Paolo VI, il Papa era anche Prefetto del Sant’Uffizio e dunque non doveva sorprendere la conservazione nel suo appartamento di documenti particolarmente delicati o scottanti di quel dicastero.

Il primo Pontefice ad aprire la busta e a leggere il contenuto del Segreto è Giovanni XXIII, durante l’estate del 1959, mentre si trova a Castel Gandolfo, e precisamente il 17 agosto, quando «d’accordo con l’eminentissimo cardinale Alfredo Ottaviani», il commissario del Sant’Offizio, padre Pierre Paul Philippe, consegna a Papa Roncalli la busta ancora sigillata. Secondo quanto scritto da Bertone, sulla base della documentazione d’archivio, Giovanni XXIII decide di rimandare la busta al Sant’Uffizio. Ma l’arcivescovo Loris Capovilla, segretario particolare di Roncalli, ricorda invece che il Papa «portò il plico in Vaticano. Nessuno più gliene parlò, né il Sant’Offizio chiese dove fosse andato a finire il memoriale. Stava in un tiretto dello scrittoio della camera da letto». Il plico dunque sarebbe stato conservato in uno scomparto poco visibile e accessibile dello scrittoio, detto «Barbarigo», un mobile appartenuto a san Gregorio Barbarigo e regalato a Papa Giovanni dal conte Dalla Torre.

Dopo essersi fatto aiutare a tradurre il testo, Giovanni XXIII detta a monsignor Capovilla alcune frasi da scrivere su una busta che finora non è mai stata mostrata pubblicamente: «Il Santo Padre ha ricevuto dalle mani di monsignor Philippe questo scritto. Si è riservato di leggerlo il venerdì con il suo confessore. Essendoci locuzioni astruse, chiama monsignor Tavares, che traduce. Lo fa vedere ai suoi collaboratori più intimi. E alla fine dice di rinchiudere la busta, con questa frase: “Non do nessun giudizio”. Silenzio di fronte a una cosa che può essere una manifestazione del divino, e può non esserlo».

Il 21 giugno 1963 viene eletto successore di Roncalli l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, che prende il nome di Paolo VI, meno di una settimana dopo, il 27 giugno, il nuovo Papa desidera leggere il Segreto, dopo averne parlato con il cardinale Fernando Cento, già nunzio in Portogallo, e con il vescovo di Leiria João Pereira Venâncio, che quella stessa mattina aveva ricevuti in udienza. La busta però non si trova. E così il sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Angelo Dell’Acqua, chiede lumi a monsignor Capovilla, che dopo la morte di Giovanni XXIII era rimasto – e vi resterà fino al 1967 – nell’anticamera pontificia. Capovilla ha raccontato e messo per iscritto di essere stato contattato quel giorno dal sostituto e di avergli suggerito di cercare il plico «nel cassetto di destra della scrivania detta “Barbarigo”, nella stanza da letto del Papa». Un’ora dopo monsignor Dell’Acqua gli telefona per confermare che era tutto a posto. La busta era stata ritrovata.

L’arcivescovo Tarcisio Bertone, nel testo che ricostruisce la storia del Segreto sulla base dei registri dell’archivio del Sant’Uffizio, scrive invece che «Paolo VI lesse il contenuto il 27 marzo 1965, e rinviò la busta all’Archivio del Sant’Offizio». Bertone in successive dichiarazioni bollerà «le ricostruzioni cinematografiche della busta nascosta nel comodino del Papa» come «pura fantasia». Chi scrive ha avuto modo di ascoltare ormai dieci anni fa direttamente dalla voce di Capovilla, che si serviva al riguardo delle note vergate a suo tempo nell’agenda, l’episodio del plico che non si trovava e dell’indicazione data a Paolo VI di cercarlo nello scrittoio «Barbarigo». Non si capisce perché il più stretto collaboratore di Papa Roncalli, custode della sua memoria e dei suoi scritti, avrebbe inventato di sana pianta una storia simile. Allo stesso tempo, bisogna credere alla ricostruzione di Bertone, basata sui documenti d’archivio. Ecco un indizio sulla possibile esistenza di due testi distinti o, più semplicemente, di due copie dello stesso testo conservate in due luoghi distinti, nell’appartamento del Papa e al Sant’Uffizio.

Il testo del Segreto, non rimane però confinato alla conoscenza di poche persone. In vista del suo viaggio a Fatima, il 13 maggio 1967, per il cinquantesimo delle apparizioni, Paolo VI fa convocare il 1° marzo una plenaria della Congregazione per la Dottrina della fede nella quale viene letto il Segreto e si discute se sia opportuno o meno pubblicarlo. I pareri negativi prevalgono e si decide di proseguire nella linea già tenuta da Giovanni XXIII, che non aveva ritenuto di rendere pubblico il testo nel 1960.

Nel 1978, dopo la meteora Giovanni Paolo I, si arriva a Karol Wojtyla. Secondo la testimonianza fornita il 13 maggio 2000 a Fatima dal portavoce vaticano Joaquín Navarro-Valls, mai smentita, Giovanni Paolo II avrebbe letto il testo nel 1978, pochi giorni dopo l’elezione al pontificato. Da altre testimonianze, riportate dalla vaticanista portoghese Aura Miguel, sappiamo che subito dopo l’attentato del 13 maggio 1981, mentre ancora si trovava ricoverato al Policlinico Gemelli, Papa Wojtyla chiese di vedere tutti i documenti di Fatima: «Uno dei primi cardinali a far visita a Giovanni Paolo II è l’argentino Eduardo Pironio, che afferma di aver visto il Papa nell’infermeria del decimo piano del policlinico Gemelli immerso nei documenti relativi alle apparizioni della Cova da Iria. L’ex segretario del Pontificio consiglio per i laici racconta che il Papa, impressionato dall’incredibile coincidenza delle due date, studiò i documenti».

Secondo la ricostruzione scritta da monsignor Bertone questa circostanza si sarebbe verificata più di due mesi dopo: «Sua eminenza Franjo Seper, Prefetto della Congregazione (per la dottrina della fede, ndr), consegnò a sua eccellenza Eduardo Martinez Somalo, Sostituto della Segreteria di Stato, il 18 luglio 1981, due buste: – una bianca, con il testo originale di suor Lucia in lingua portoghese; – un’altra color arancione, con la traduzione del “segreto” in lingua italiana. L’11 agosto seguente monsignor Martinez ha restituito le due buste all’Archivio del Sant’Offizio». Anche in questo caso, le discrepanze nei racconti potrebbero avere una spiegazione semplice. Non va infatti dimenticato che appena 17 giorni dopo essere uscito dal Gemelli, Giovanni Paolo II vi fece ritorno il 20 giugno 1981, a motivo di un’infezione al sangue che aveva contratto. Rimarrà in ospedale fino al 14 agosto, per 55 giorni. È durante questo nuovo ricovero che, secondo i registri del Sant’Uffizio, riceve i documenti di Fatima. Non si può dunque escludere che le due versioni in realtà possano coincidere e che il ricordo del Pontefice che consulta i testi sul letto d’ospedale sia riferito al secondo e non al primo ricovero.

Si arriva così al 13 maggio 2000, quando, al termine della messa per la beatificazione di Francesco e Giacinta Marto, celebrata da Giovanni Paolo II in presenza di suor Lucia nella spianata antistante il santuario di Fatima, il cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano prende la parola per riferire un sunto del Segreto. Sodano presenta la profezia come rivolta interamente al passato, alle persecuzioni subite dai cristiani nel Novecento, e afferma che nella visione il Papa «cade come morto». Annunciando anche che per «consentire ai fedeli di meglio recepire il messaggio della Vergine di Fatima, il Papa ha affidato alla Congregazione per la Dottrina della fede il compito di rendere pubblica la terza parte del Segreto, dopo averne preparato un opportuno commento».

La presentazione del testo avviene il 26 giugno 2000 con una conferenza stampa tenuta dal Prefetto Joseph Ratzinger e dal segretario Tarcisio Bertone. Fino a quel momento, affidandosi unicamente alle parole di Sodano, tutti credono che nella visione si parli di un Papa che cade «come morto», cioè che rimane gravemente ferito, immagine sovrapponibile a quella dell’attentato subito in Piazza San Pietro da Wojtyla nel 1981. In realtà la visione non presenta un Papa ferito, ma un Papa ucciso. Nel suo commento Ratzinger spiega che questo genere di profezie non sono da considerare un film in grado di descrivere in dettaglio il futuro, come pure spiega che la preghiera e le sofferenze di chi fa penitenza possono cambiare il corso della storia.

Proprio all’inizio del commento teologico, Ratzinger, dopo aver precisato che il testo «viene qui pubblicato nella sua interezza», afferma che il lettore «resterà presumibilmente deluso o meravigliato dopo tutte le speculazioni che sono state fatte. Nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato». Parlando a braccio in risposta alle domande dei giornalisti, il cardinale precisa che «non è intenzione della Chiesa imporre una interpretazione: non esiste una definizione, o interpretazione ufficiale, della Chiesa di tale visione». Dunque Giovanni Paolo II ha ritenuto di riconoscersi nella visione, ma anche altre interpretazioni sono possibili. Lo stesso Ratzinger, una volta divenuto Papa, è sembrato correggere l’interpretazione della visione interamente rivolta al passato e nel 2010, in occasione del suo pellegrinaggio a Fatima che avviene nel pieno della bufera per lo scandalo pedofilia, afferma che la carica profetica del messaggio non si è esaurita: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa».

Nel corso degli anni, come già detto, sono stati diffusi vari testi apocrifi contenenti la presunta interpretazione mancante della visione del Terzo Segreto. Si parla di catastrofi naturali, inondazioni e guerre, come pure dell’apostasia, di una crisi della fede presente all’interno della Chiesa stessa. Le discrepanze che abbiamo fin qui evidenziato vengono in qualche modo corroborate da due indizi contenuti nelle memorie di suor Lucia: il fatto che l’apparizione dopo aver rivelato il Terzo Segreto dica che Lucia e Giacinta possono condividerlo con Francesco: in questo caso, dato che Francesco vedeva ma non poteva ascoltare, si dovrebbe trattare di parole, cioè di un’interpretazione, non di una visione. Inoltre rimane senza spiegazione una frase sospesa dell’apparizione che precede il Segreto, relativa al Portogallo che manterrà il dogma della fede. Queste discrepanze hanno fatto affermare ad alcuni giornalisti e studiosi che non tutto è stato in realtà rivelato e che alla visione del Terzo Segreto si accompagnava un «allegato» con l’interpretazione di quella visione.

L’allegato in questione, secondo questi autori, sarebbe stato tenuto nascosto o distrutto. Papa Ratzinger ha però più volte affermato che tutto è stato pubblicato. Lo stesso ha ripetuto in varie riprese, a voce e per iscritto, anche il cardinale Tarcisio Bertone, quest’ultimo individuato da alcuni «fatimiti» come presunto autore della pubblicazione parziale e dunque edulcorata. In realtà bisogna riconoscere: nel caso ipotetico che non tutto fosse stato pubblicato, ciò non potrebbe essere avvenuto all’insaputa di Giovanni Paolo II – che aveva letto l’intera documentazione – e del suo Prefetto per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, anch’egli a conoscenza dei testi. E dunque appare quantomeno semplicistico colpevolizzare Bertone, all’epoca numero due del dicastero guidato da Ratzinger e suo fedele collaboratore.

Non si può infine escludere che il presunto «allegato», nel caso esista o sia realmente esistito (non è rimasta traccia di quando sarebbe stato scritto, né di quando sarebbe stato consegnato al vescovo o di quanto sarebbe stato spedito in Vaticano) possa in realtà non essere una rivelazione diretta dell’apparizione del 1917, ma piuttosto un’interpretazione successiva, ricevuta da suor Lucia in una delle sue locuzioni interiori. Non è un caso che il segretario di Giovanni Paolo II abbia confidato al vaticanista Marco Tosatti: «Non sempre si capisce bene che cosa dice la Madonna e che cosa dice suor Lucia».

Di per sé, anche se la visione non contiene profezie su catastrofi naturali o sulla perdita della fede, le immagini sono comunque forti e apocalittiche: si parla del martirio di un’innumerevole quantità di cristiani – tema tristemente attuale – come pure della morte di un Papa che viene ucciso.

(Andrea Tornielli – La Stampa)

Perché Fatima ci parla anche oggi

Mag 13, 2017   //   by mauro   //   Riflessioni  //  No Comments
A cento anni dalle apparizioni, il Papa canonizza Francesco e Giacinta. Il cardinale portoghese Saraiva Martins, ex prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, spiega la «straordinaria eroicità» dei pastorelli (da Tracce, maggio 2017)

«Di Fatima e dei tre pastorelli che videro la Madonna ho sentito parlare sin da bambino, fa parte del Dna di noi portoghesi, ricordo ancora l’emozione della prima volta che mi ci hanno portato. Mai avrei pensato che un giorno sarei diventato in qualche misura uno dei protagonisti di questa vicenda, che avrei contribuito a far salire sugli altari Francesco e Giacinta, che avrei conosciuto e incontrato regolarmente suor Lucia, e che poi avrei chiesto al Papa di aprire in anticipo il processo di beatificazione dell’ultima veggente di Fatima».
Lo dice con un sorriso, quasi schermendosi, il cardinale José Saraiva Martins, 85 anni portati benissimo, incontrandomi nell’appartamento di proprietà del Vaticano immediatamente a ridosso di Piazza San Pietro. Conosco da anni sua Eminenza, nel corso del tempo mi ha fatto molte confidenze, mi ha fatto anche entrare con le telecamere per la prima volta al mondo nell’Archivio della Congregazione per le Cause dei Santi di cui è stato Prefetto per dieci anni, permettendo di filmare i segni tangibili rimasti sulla terra dei miracoli che accadono in giro per il pianeta, come i chicchi di riso che, nel 1949 in Spagna, si sono moltiplicati nelle pentole della mensa per i poveri sotto gli occhi di centinaia di testimoni quasi fosse un rinnovarsi del miracolo dei pani e dei pesci; le radiografie della donna di religione indù improvvisamente guarita per intercessione di Madre Teresa; i grossi volumi in cui sono raccolte le strabilianti testimonianze su Padre Pio.
E oggi, con il Cardinale portoghese, parliamo dei cento anni dalle Apparizioni della Madonna a Fatima, ricorrenza che porta per la prima volta papa Francesco nel Santuario, meta di pellegrinaggio ogni anno di milioni di persone. E se il 13 maggio del 2000 fu Giovanni Paolo II a beatificare due dei tre pastorelli, Giacinta e Francesco, e fece rivelare la terza parte del segreto di Fatima, questo 13 maggio è Bergoglio a proclamarli santi. Morti giovanissimi, i corpi di Giacinta e Francesco sono sepolti nella Basilica. Accanto a loro, adesso riposa anche Lucia.

Eminenza, una volta un suo collega Cardinale mi ha detto: «Secondo me bambini così piccoli non dovrebbero essere portati agli onori degli altari. Da bambini siamo tutti santi». Cosa ne pensa?
Un tempo era vietato beatificare, e quindi canonizzare, dei bambini, perché non li si riteneva capaci di «praticare in grado eroico le virtù cristiane», primo requisito per poi salire alla gloria degli altari. Ma per me questo non era un principio accettabile, e Giacinta e Francesco sono stati i primi bambini nella storia della Chiesa ad essere beatificati. Loro sono stati di una “eroicità cristiana” straordinaria, che vorrei trovare in molti adulti. Cercavano di terrorizzarli, per fargli dire che quello che avevano visto era una fantasia da bambini. Non cedettero mai, nemmeno di fronte a minacce di morte fatte dalle autorità che li avevano arrestati. Gli avevano persino detto che Lucia era stata uccisa nell’olio bollente, e che loro avrebbero fatto la stessa fine. Ma non cedettero.

È passato un secolo da quelle apparizioni. Come può essere utile, all’uomo di oggi, proclamare santi dei bambini vissuti allora?
Possono essere modelli moderni del modo di vivere la fede – non solo capirla, ma viverla. Hanno messo in pratica, concretamente nella loro vita, tutto quello che gli ha detto la Madonna. Hanno aderito con gioia a quello che hanno incontrato. Sono stati capaci di stupirsi.

Fatima è un “luogo” pieno di misteri. Il sole che gira di fronte a centinaia di persone, una fonte miracolosa, un messaggio che fa discutere ancora oggi. Si è parlato molto del terzo segreto di Fatima (in realtà, la terza parte di un unico segreto). Giovanni Paolo II l’ha reso noto proprio sul sagrato del Santuario, ma c’è chi sostiene che non sia stato rivelato integralmente, e che una parte resti ancora nascosta. Lei cosa ne pensa?
Penso sia una sciocchezza. Che sia stato rivelato tutto quello che c’era da rivelare. Non c’è più nessun mistero, e non si può pensare che i Papi che hanno detto essere tutto rivelato abbiano deciso di mentire su questo.

Dopo la caduta del Muro di Berlino e i primi segni di cedimento del regime sovietico, feci pervenire un’affermazione di Giovanni Paolo II a suor Lucia. L’ultima veggente mi disse: «Si è evitata una Terza Guerra mondiale». Parole che mi stupirono.
Capisco la sua reazione, ma è vero. È verissimo. Le condizioni per una Terza Guerra mondiale c’erano tutte. Sicuramente. E si è evitata. Se non pregate verrà una Terza Guerra mondiale, aveva fatto sapere la Madonna. La si è evitata. Grazie alle preghiere.

Nel terzo segreto si parla anche di un Vescovo vestito di bianco che muore assassinato. Giovanni Paolo II l’ha identificato con se stesso, anche se lui non è morto. «Una mano ha sparato, un’altra ha deviato la pallottola», disse.
Ed è andato espressamente a Fatima per offrire alla Madonna la pallottola che doveva ucciderlo. Io ero seduto accanto a lui, quando, nel Santuario, ha offerto quella pallottola alla Vergine, per ringraziarla di averlo salvato. Eravamo in una stanza, la statua della Madonna di Fatima era sul tavolo, di fronte a lui, e io ero a fianco del Papa. Wojtyla appoggiò la pallottola sul tavolo, e con il dito la faceva avanzare, lentamente, a piccoli scatti, verso la Madonna. Stava vivendo quel momento intensamente. Fino a che gliel’ha messa davanti.

Come se fosse in dialogo con la Madonna…
Sì, un dialogo di gratitudine. Ora quella pallottola è incastonata nella corona della statua della Madonna di Fatima.

I due pastorelli vengono proclamati santi, di suor Lucia è invece in corso il processo di beatificazione. Lei l’ha conosciuta molto bene, è stato uno dei pochi che poteva avvicinarla.
Le vacanze abitualmente le trascorro in Portogallo, e le suore del convento di clausura di Coimbra, dove viveva suor Lucia, mi invitavano ogni 15 agosto per celebrare messa da loro per la festa dell’Assunta. Prima o dopo la celebrazione, facevamo un incontro con le suore e naturalmente c’era anche lei. Lucia era una persona molto semplice, ma molto intelligente. Prudente, saggia, con una memoria impressionante, e anche molto concreta. Tanto che, la cosa può sorprendere, quando le suore decisero di fondare un altro convento, perché erano diventate troppe, scelsero proprio lei per andare a parlare e seguire gli architetti nella costruzione del nuovo edificio. Compito non facile. Si pensa che i santi vivano una vita astratta, persi nello spirituale. Be’, non è mai così. Sono persone concretissime. Lucia non viveva nelle nuvole. Ed era dotata anche di grande umorismo.

Anche il processo di beatificazione di Lucia iniziò quando lei era Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Secondo la legge canonica, un processo di beatificazione può iniziare solo cinque anni dopo la morte. Ma quando ne erano passati solo due dalla morte di suor Lucia, ho pensato fosse bene abbreviare i tempi. Allora sono andato da papa Benedetto XVI e gli ho detto: «Santità, anticipare di alcuni anni il processo, è la maggior Grazia che lei può fare alla Chiesa portoghese e alla Chiesa universale». E Ratzinger ha risposto: «Va bene, allora facciamo così». Speravo che i tre pastorelli potessero essere canonizzati insieme, ma non è stato possibile.

A cento anni di distanza, cosa resta di Fatima?
Il suo messaggio è ancora attuale, attualissimo. Si riferisce ai problemi concreti, esistenziali, che viviamo ogni giorno nella Chiesa e nella società. Innanzitutto la fede, che purtroppo sta sparendo. C’è una crisi di fede, oggi, nel mondo, che penetra anche nei cattolici, penetra nella Chiesa. Vivere il messaggio di Fatima significa convertirsi e avvicinarsi sempre più a Dio e ai fratelli. Poi, è un appello alla pace. Di cosa parlano quotidianamente i giornali? Attentati, stragi, distruzioni. Le religioni sono diventate motivo di separazione e morte. Dio è invece fonte di pace. Ma soprattutto, il fondamento del messaggio di Fatima è la speranza. Senza speranza la vita non ha senso. Tanti giovani, oggi, non sanno più quale sia il senso della vita. Non se ne parla tanto, ma molti si suicidano. Senza la speranza non si può vivere. Non si può essere felici, senza conoscere il senso, il fine della vita. A Fatima la Madonna ha detto invece che la vita con Gesù è una vita veramente vissuta, libera, e la si affronta con gioia e con entusiasmo. Che straordinaria bellezza, il cristianesimo.

(Stefano Maria Paci, Vaticanista di SkyTg24 – 12/05/2017)

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